Crolla il ghiacciaio della Marmolada
Domenica 3 luglio 2022: è un evento triste per le vittime, per la montagna e per l’Italia.
Per un’azienda come la nostra che si chiama 3CiME Technology è certamente fonte di sconforto. Ma cosa importa ad un’azienda di informatica di un ghiacciaio sulle dolomiti? E cosa interessa ad un imprenditore informatico? È vero che amo andare in montagna, ma business is business.
Il mio ragionamento è più ampio e, forse, un po’ più imprenditoriale e macroeconomico. Siamo di fronte a cambiamenti climatici, certo. La ragione di tutto questo non può essere “solo” antropica, ma di certo l’uomo non ha fatto niente per combatterla. E in ogni caso l’aria che respiriamo non ci piace.
Abbiamo costruito un’economia sempre e solo di breve periodo: siamo portati a sfruttare tutto e tutti, persone e risorse della terra, pur di guadagnare oggi. E del domani ce ne freghiamo. Forse perché non facciamo figli? Me lo fece notare mio figlio, qualche anno fa, quando si incontravano i grandi dell’Europa, cito Paolo Gentiloni, Angela Merkel, Emmanuel Macron, Teresa May.
Mi disse: “ma questi devono decidere del nostro futuro? E come posso pensare che abbiano a cuore il mio futuro? Nessuno di loro ha figli”.
Riflessione sottile, ma centrata. Tutto lo sviluppo economico dagli anni ’80 in poi ha avuto questo leit motive. Fino alla globalizzazione.
Io non sono un no-global, ma quando agli inizi del 2000 vedevo delocalizzazioni selvagge per accaparrarsi forza lavoro a basso costo e guadagnare di più, mi domandavo se fosse una politica di lungo periodo o se avesse come obiettivo il super-guadagno nel breve.
E avevo ragione!
Ora cosa abbiamo costruito con questo? Abbiamo creato un impero cinese che domina il mondo: il capitalismo è stato superato e vinto dal comunismo capitalistico dittatoriale. Ce lo ricordiamo che Google, pur di fare affari in Cina, ha accettato che la parola Tienanmen non si possa inserire nel suo motore di ricerca se si sta lavorando da quel paese? Questa non è libertà, questo non è lavorare per il futuro, questa non è verità.
Allo stesso tempo abbiamo trasferito risorse e know how in paesi senza libertà, che adesso si ritorcono contro di noi, perché ora useranno gli stessi metodi che noi abbiamo praticato nei loro confronti, nei rapporti con le nostre aziende ed i nostri lavoratori.
Oggi, invece, pretendiamo da loro che riducano le emissioni di gas serra nel nome del salvataggio del mondo dai cambiamenti climatici. E lo pretendiamo senza neanche chiedere scusa per quanto li abbiamo sfruttati.
La guerra ci ha portato ad avere problemi di approvvigionamento circa gas e petrolio, abbiamo politici che invocano la transizione verde: ma questi sono degli ignoranti e dei meri venditori di fumo.
Mio figlio, sempre quello sopra, fa ingegneria energetica e mi dice che non è pensabile produrre l’energia di cui oggi (non domani) abbiamo bisogno con risorse green. È una mera balla.
Intendiamoci, ben venga tutto ciò che è green. L’unica soluzione sarebbe il ricorso al nucleare sul quale noi italiani siamo campioni di coerenza, perché abbiamo fatto un referendum che ci vieta la costruzione di centrali ad uranio, ma compriamo molta della energia che ci serve da chi la produce in tal modo.
Un popolo coerente dovrebbe comportarsi diversamente, credo. Come al solito vendiamo fumo, la nostra classe politica lo vende, facciamo i coerenti a parole, come diceva Trilussa “pe’ quer popolo cojone risparmiato dal cannone”.
Cosa voglio dire con tutto questo: che bisognerebbe ripartire dai valori e dall’ umanità al centro. Nelle popolazioni occidentali abbiamo assistito alla esaltazione della libertà, fino al libertarismo: economico sostenuto dalla destra, morale sostenuto dalla sinistra politica.
Il risultato è l’individuo al centro del mondo, l’individuo che ha la verità ed una “verità” non esiste più. I social hanno amplificato questa tendenza e questi comportamenti. Fino al colmo del Covid, dove siamo arrivati a negare verità scientifiche banali. Sì, perché tante volte abbiamo esaltato la scienza e la tecnica, finché ci faceva comodo, ma ora, anche queste sono declassate di fronte al mio io.
E allora, se io sono il centro del mondo e degli interessi, cosa me ne frega dei miei dipendenti, dei miei figli, del futuro della terra, dell’acqua, dei ghiacciai? È qui che crolla tutto, anche il business is business.
Perché un’ottica di breve periodo fa sì che non si guardi al futuro ed alle conseguenze delle mie scelte ed azioni. Abbiamo passato il Covid grazie ai ristori: una scelta da tutti promossa, ma che in realtà ha fatto sì che non vivessimo la nostra crisi e difficoltà, ma, a livello macroeconomico, la scaricassimo sulle future generazioni. E continuiamo a fare così. Solo che a un certo punto i ghiacciai crollano. Perdiamo la bellezza. E senza bellezza non c’è futuro.
Ho sempre detto, in periodi non sospetti, che la storia insegna che di fronte a questa perdita di valori, l’uomo si ricrede solo dopo una grande crisi o dopo una guerra (che qui sarebbe mondiale). Le crisi dal 2000 sono state almeno 4: 2001(Torri gemelle), 2008, 2012 e 2019 Covid, ma non sono bastate.
Abbiamo avuto come unico desiderio il “ripartire”, ovvero ricominciare a consumare come prima. Ora siamo in guerra, ma ancora una volta speriamo finisca presto perché tutto ritorni come prima. E i ghiacciai continuano a sciogliersi.
Forse dovremmo rivedere davvero i nostri stili di vita, rivedere il modo di fare vacanza, di avere bisogno di energia, di lavorare (non sono un fanatico dello smart working, ma qualcosa di buono ce l’ha): ma senza una ripresa dei valori e del concetto di verità, sia economica (e mi rivolgo alla destra) che morale (e mi rivolgo alla sinistra), tutto questo non avverrà mai.
Dice il Salmo 48 della Bibbia “Ma l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”. Forse il problema è proprio questo: chi governa il mondo è nella prosperità e lo governa per la sua prosperità, non certo per i poveri del mondo che sono i primi colpiti dai cambiamenti climatici. Penso anche ai dirigenti del partito comunista cinese che tollerano senza problemi che i propri cittadini vivano in città dall’aria irrespirabile. È così. E allora?
Solo un cambio di rotta, un cambio dal basso. L’unica voce “alta” – quella del Papa. Ma dal basso si parte da Greta Thunberg e dai giovani. Però bisogna avvisarli che dobbiamo fare in modo diverso da chi votò contro il nucleare e poi ha comprato energia dalla Francia, che la produce con il nucleare. Dobbiamo cominciare a pagare da noi stessi, a dare l’esempio, ad essere coerenti. E poi ci deve essere qualcuno di esperto che ci insegni come fare.
In questo periodo stiamo assistendo alla nascita del mercato delle auto elettriche, che sicuramente migliorano la qualità dell’aria delle nostre città, ma che continuano ad utilizzare energia che si produce con i metodi classici.
Negli USA Biden si fa portavoce di questa scelta, ma l’America continua a produrre energia per il 40% dal carbone. Capiamo allora che ha ragione Greta, ci prendono in giro per farci stare buoni. Questo è un modo per rilanciare il mercato dell’auto, non per risolvere i problemi dell’inquinamento.
Dovremmo per esempio cominciare a tassare chi spreca energia o ne consuma esageratamente: pensiamo alla quantità folle di energia riscaldante o raffreddante utilizzata dagli ipermercati: vale la somma dei piccoli negozi che hanno ucciso? O ancora allo spreco di comportamento di quei negozi che lasciano le porte aperte per invitare i consumatori ad entrare, con l’aria condizionata “a palla”: un comportamento responsabile di governo dovrebbe vietare e tassare certi comportamenti, e noi dovremmo non entrare in quegli esercizi commerciali.
Chi può cambiare tutto questo? Al di là di un intervento miracoloso, auspicabile ma poco probabile, non ci rimane che la politica… Solo un governo può fare questo, un governo che abbia a cuore il futuro, le prossime generazioni, perché la politica dovrebbe ritornare a guidare l’economia, ed a farsi guidare dai valori e dalla verità morale. Se aspettiamo l’ONU non lo faremo mai, perché c’è il diritto di veto, e perché comandano i potenti.
Basterebbe un governo, anche di un paese disgraziato come l’Italia, sì l’Italia, per guidare un cambiamento: senza aspettare l’Europa. Per salvare intanto i ghiacciai italiani (scientificamente impossibile, ma umanamente no), perché il bene e la bellezza comunque attirano e gli altri ci seguirebbero. Senza aspettare il 2050, sarebbe troppo tardi, ed avremmo già perso la bellezza. Possiamo invertire la rotta, sì, anche, per chi crede, con la preghiera – senza vergognarsi (a Bologna abbiamo la chiesa “della pioggia”) perché non siamo soli.
Io vorrei tornare sulla Marmolada, già cimitero di corpi nella Prima Guerra Mondiale, ora cimitero di escursionisti nella guerra globale della Terra, che ci dice che non ce la fa più. Basta, ascoltiamola.
Amministratore Unico di 3CiME Technology