Scrivere su questo tema è antipatico. Sembra di voler parlare di sfortuna ed augurarla a qualcuno.
Ricordo che la Consob richiede, per la quotazione in borsa, un adeguato piano di Disaster Recovery. La mia azienda, nel suo piccolo, spende ogni anno lo 0,37% del fatturato in merito, e considera questi soldi “ben spesi”. Non aspettiamo il terremoto: il 95% degli incidenti informatici sono dovuti allo shock elettrico. Ormai i dati, e non le macchine, insieme ai cervelli, sono il vero capitale delle nostre aziende.Affrontare un progetto di disaster recovery è complesso e richiede una cogenerazione di idee ed una condivisione di obiettivi: le domande cruciali di questo processo sono sempre due:
- Quanto tempo puoi stare fermo?
- Quanto sei disposto a spendere negli anni per raggiungere il tuo obiettivo di ripartenza?
Ci deve essere coerenza fra queste due risposte. E poi ci si deve rendere conto che le procedure di disaster recovery sono come quelle della protezione civile: vanno provate prima; perché nel momento del bisogno tutti gli attori coinvolti devono sapere cosa fare, come farlo e con che ordine. Insomma su questi progetti bisogna lavorare con un approccio olistico, perché o si fa tutto o non si fa niente. E tutti questi progetti sono tailored, su misura. Chi vi vende un prodotto standard non vi dà una soluzione, mentre un intervento corretto prevede soluzioni e servizi custom.Infine ricordiamoci che il disaster recovery non è il backup: può anche partire da un backup, ma è un “sistema” completo ed integrato.